Comincia sempre così. Con una pagina bianca di fronte, che aspetta solo che la mente dei creativi si metta in moto e rielabori gli input del cliente. Di cosa stiamo parlando? Del processo che ci porta a scegliere il naming corretto e più accattivante per ogni evento. Non ci sono delle regole, ma il nostro stile racchiude comunque dei piccoli accorgimenti che vogliamo condividere.
Occuparsi di naming significa letteralmente “cercare il nome per qualcosa”. Un processo fondamentale, se ci si pensa, poiché identifica tutto il lavoro che verrà a seguire, ma deve anche essere in grado di racchiudere l’essenza degli obiettivi che ha spinto il cliente a volerlo organizzare e una serie di valori dell’azienda.
Ecco quindi che, fatti propri gli obiettivi dell’evento, entra in gioco il copy. La costante di ogni lavoro di copywriting è la ricerca, poiché la creatività è quasi sempre alimentata dalla consapevolezza; non stiamo parlando di una copia pedissequa della concorrenza (non solo per ragioni di diritti) o di quanto già sul web, ma la ricerca preliminare ci aiuta ad allargare gli orizzonti e a lasciarsi ispirare e soprattutto contaminare. A volte l’illuminazione arriva da universi lontani, ma metaforicamente molto calzanti.
È importante poi mantenere la semplicità e l’immediatezza del naming. Come si dice, “se non lo sai spiegare a tua nonna, non ha il massimo dell’efficacia”. Un buon naming infatti dovrebbe essere chiaro – così da essere illustrato a tutti – corto, memorizzabile, originale e anche gradevole.
In ultimo, non bisogna dimenticarsi di giocare con le parole e le lettere. Se la propria mappa mentale è definita e il concetto che si vuole esprimere è chiaro, la lingua italiana (o inglese) ci aiuterà a far nascere dei giochi linguistici creatori di senso. E se non dovesse bastare, sarà sufficiente sfumare, mixare e confezionare il naming anche attraverso l’ausilio della controparte visiva, il logo, per amplificarne il valore e avere finalmente un naming di successo.